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Nel suoi corsi di estetica iniziati a Heidelberg nel 1818 e poi successivamente rielaborati a Berlino fino al 1829; Hegel  opera una distinzione fondamentale tra la ‘prosa del mondo’ e ‘la poesia del cuore’. Se alla prima dimensione meglio si adegua il romanzo, dove gli eventi si sviluppano in base all’accadere quotidiano e alle reazioni dei diversi caratteri che ne vengono messi a confronto, la poesia si volge alle intimità dei sentimenti e delle emozioni che segretamente l’individuo cela in sé ma che pure sente il bisogno di cogliere e di capire. 

La poesia è l’occasione per dare parola e svelare ‘quel gran guazzabuglio del cuore’ (Manzoni), una profonda presa di consapevolezza relativa alle inquietudini del sentire.

Ricordiamo inoltre che la poesia, per sua intima struttura: rima, cadenze, assonanze, strofe etc.  ha la capacità di essere meglio memorizzata, così i nostri pensieri si legano ai suoi versi. Nel dialogo che intratteniamo con noi stessi la poesia ci offre ‘le parole per dirsi’ e una espressione autentica non può che presupporre la comprensione di sé.

Diversamente dal ‘tutto pieno’ della prosa, la lirica, nelle diverse sue forme grafiche, lascia un ampio margine alla pagina bianca. Quella pagina bianca che per Mallarmé diventa il regno del possibile, l’occasione della nostra fantasia. Questo è lo spazio riservato al lettore che vuole comprenderne il contenuto e animare i propri pensieri partendo da un testo che quasi sempre è metaforico, creato per condurti oltre, per aprirti la visione e al tempo stesso definirla con precisi contorni.

Diceva Brentano ‘la poesia è la sorella fortunata della pazzia’- l’espressione che riesce a salvarti dal caos dandogli un ordine. A volte è la forma stessa della poesia,  soprattutto quella ermetica, a suggerire impressioni anche visive tanto da sembrare ‘scritta per gli occhi’.

Per Baudelaire il suo lettore era ‘mon semblable, mon frère’ indicando cosí la sintonia che deve stabilirsi con la lirica per intenderla e coglierne il messaggio.

Comunque la poesia tende sempre a superare se stessa. Il tardo Goethe della TRILOGIA le schiude i confini verso la musica. Rilke, mettendo al centro la musica nei SONETTI A ORFEO la definisce le note ‘respiro delle statute/ lingua ove linguaggi finiscono’. Vorrà con le sue ELEGIE DUINESI strappare terreno al silenzio per favorire l’estensione della parola, varcare i limiti dell’indicibile. Wittgenstein, filosofo vicino a queste  tematiche, in segno di stima, vorrà sostenerlo economicamente durante la prima guerra mondiale. Sulle funzioni della poesia si interroga ripetutamente anche Hölderlin, compagno di studi del giovane Hegel. In  PANE E VINO si pone la fondamentale domanda.’Perchè i poeti in tempi oscuri?’. La risposta la troveremo in un’altra lirica: COMPITO DEL POETA : ‘…sino a quando assenza di Dio aiuta’. Qui il vate è visto in una dimensione sublime, quasi vicario di Dio sulla terra nel lungo tempo della parusìa e della nuova età dell’oro preconizzata anche dalla rivoluzione francese.

Ecco alcune delle premesse che mi hanno guidato a scegliere : Poesia e verità.