Friedrich Hölderlin
– ( Archipelagus ) –
Per dare un titolo alla sua più bella e più lunga poesia ( 10 pagine, 293 versi esametri ) Hölderlin ha scelto un termine che, pur avendo radice greca, non era in uso nell’antichità, ma si impose nell’età moderna intorno al ‘700. Con questa definizione la poesia intende non solo un raggruppamento di isole, bensì tutta la estensione della Ionia, ovvero quelle vasta area del Mediterraneo dominata dalla cultura greca: dalla Colchide al Nilo, fino alle Colonne d’Ercole.
Una nuova parola per indicare una nuova valenza della cultura antica che si lega alla propria intimità come pure alla situazione del suo tempo. Il rinnovarsi del propri valori non può prescindere dalla rinascita del proprio paese tanto da auspicare il divenire di una Germania ellenizzata. L’armonia che quella cultura ha saputo creare consente una fruizione tale da conferire valore sia al vivere che al morire come la poesia indicherà nel finale.
Nel romanzo Hyperion(1797) , sullo sfondo della guerra greco-turca, il protagonista rivolgendosi a Bellarmino -appunto ‘anima bella’ in grado di comprendere sottili pensieri- formula quella famosa invettiva contro i tedeschi: ‘da sempre barbari’, cupi e senza grazia come un vaso gettato via. Proprio quel vaso, che i greci mirabilmente creavano e ornavano per conservare olio, acqua, vino e preziose essenze e metaforicamente (vas sapientie) anche il loro sapere.
Così, privilegiati dalla natura, dove le forze ctonie di mari e vulcani dopo aver sconvolto la terra con le loro esplosioni viscerali hanno creato paesaggi di equilibrate armonie. Di questa armonia si è avvalsa la cultura greca tanto da essere in grado di ricostruire il proprio stato, la propria ricchezza e il proprio potere pur dopo gravi sconfitte come quella subita dai persiani a Salamina e dai macedoni a Cheronea. Proprio dalla luminosa bellezza di questo mare e delle sue isole i greci hanno tratto la forza di far fiorire la loro vita e di riprendere ,espandendoli, i propri commerci. Nello svolgere queste considerazioni troviamo anche-evento raro in poesia – l’elogio del mercante. Al di là del guadagno, questa figura connette vicino e lontano, portando merci da paesi sconosciuti, accorcia le distanze, reca conoscenza di altri mondi e allarga così il sapere.
Ecco come esordisce questa articolata poesia:
Ancora tornano a te le gru e ancora le navi cercano
Di far rotta verso le tue rive? le auspicate brezze
Dei flutti placati ancora ti avvolgono, e il delfino attratto
Fuori dalle profondità il dorso porge al nuovo luminoso sole?
Fiorisce la Ionia? è giunto il tempo? Perché sempre in primavera
Quando si rinnova il cuore degli uomini e il primo amore
Li rianima così come il ricordo di età auree
Allora a te vengo e nella tua quiete ti saluto, antico mondo!
La strofa inizia con una serie di interrogativi volti a stabilire se, dopo epoche tormentate, sia tornata la calma nel frastagliato arcipelago ionio e se col rifiorire della primavera sia possibile far ritorno a queste ‘età auree’ felici quanto il primo amore.
Questo ritorno non sarà solo un gioco di memoria perché la storia coincide con una ‘nuova primavera’ dell’animo . ‘Ancora’ segna oggi, come nel passato, la dimensione di una pacifica continuità: ‘ancora’ è sguardo al tempo antico che anima il presente.
Gli interrogativi hanno risposte positive , le gru sostano qui nel loro migrare, i naviganti trovano sicuri approdi, il delfino è mammifero che vive nell’acqua ma ha bisogno di respirare e per questo emerge in superficie offrendo il suo dorso al sole. Afrodite, anche lei nata dal mare, lo innalzò ad animale sacro.
Dunque un passato, quello dell’arcipelago, ovvero dell’intera Ionia, che porge ricchezza di significati per il tempo presente e quello a venire.
La poesia si articola in tre parti: l’esordio è un inno alla natura che ha creato equilibrio tra le forze telluriche, l’opera di Nettuno e quella di Vulcano si sono scontrati trovando infine armonia in un paesaggio di rara bellezza e di facile approdo per le navi e i mercanti.
La seconda parte è epica e ricostruisce quegli avvenimenti principali di una cultura che ha superato le sue crisi e, infine, un’ultima parte, torna il tono lirico. L’Ellade risulta intimamente legata al destino del poeta che auspica di trovare nella testimonianza dei tempi antichi quella sintonia necessaria per il suo vivere e forse anche per il suo soccombere nelle ‘tue profondità’.
Ma nel frattempo, sin quando inizieremo a dar frutto,
Continuate a fiorire, voi, giardini della Ionia e fronde
Sulle nobili rovine di Atene. Nascondete alla luce del giorno il dolore!
Cingete allori, col vostro fogliame sempreverde, le colline!
I tumoli dei vostri morti laggiù a Maratona, dove i giovani
Vittoriosi morirono, e là nei campi di Cheronea.
Ove con le armi insanguinate gli ultimi ateniesi fuggirono.
Scappando innanzi al giorno della vergogna, su dai monti
Discende ogni giorno il lamento nella valle della pugna,
Là, dalle cime dell’Eta, acque sorgive fan risuonare la melodia del destino.
Ma tu, immortale, sebbene il greco canto più non
Ti elogi come un tempo, per le tue onde, o dio marino!
Spesso, voglia tu, nel mio animo risuonare e così sulle acque
Si conserva vivace e impavido lo spirito, come nuotatore
Fa esercizio nella gioiosa vitalità dei forti e comprenda il mutare
E il divenire del linguaggio divino e quando il vortice del tempo,
Veemente, vorrà afferrarmi il capo e dolore e follia
Tra i mortali scuotono il mio umano esistere
Lascia che ricordi il silenzio delle tue profondità.
Mentre la strofa di esordio era punteggiata da interrogativi, ora dopo l’evocazione epica degli avvenimenti storici, la strofa finale è punteggiata da esclamativi; è stata raggiunta una certezza e la consapevolezza di ciò che resta da fare! Dopo la narrazione epica, nella strofa finale, si riaffaccia l’io lirico che si rispecchia nella parabola della storia greca qui tratteggiata da due fondamentali momenti:la vittoria di Maratona contro i persiani e la sconfitta di Cheronea da parte del macedone Filippo II . Momenti cardinali entro i quali ha potuto fiorire la cultura greca. La parabola della civiltà ellenica dovrà essere riferimento nell’affrontare il tumulto del proprio tempo suscitato innanzitutto dalla rivoluzione francese. Per ritrovare le proprie forze il poeta immedesima il suo spirito con quello del nuotatore che nelle acque della Ionia ritrova la ‘gioiosa vitalità dei forti’. Così, quando dolore e follia scuoteranno ‘il mio umano esistere’ la memoria potrà riandare all’Arcipelago, carico di avvenimenti eppure avvolto in profondo silenzio.
Caro Claudio, questa è l’ultima poesia che insieme abbiamo letto e analizzato. Proprio ora ti ritrovo, nel leggere la strofa conclusiva. Hai sempre un po’ tenuto la vita a distanza perché ti accompagnava l’altrove della poesia e di tutta la letteratura che hai vissuto traducendola.
La tua casa sulle colline che costeggiano la piana di Maratona era un esilio che diventava un regno nel cuore di quell’Arcipelago dove trovavi ‘gioiosa vitalità’ per vivere e ‘profondo silenzio’ per morire. Là, infatti, avresti voluto che le tue ceneri fossero disperse ‘nel silenzio delle profondità’.
